sabato 15 febbraio 2014

"n’immagine trasparente fatta de luce"

http://www.youtube.com/watch?v=tcAJ7RmzrTI

"Ma che ve credete, che dentro ‘sta stanza saremo ‘na cinquantina? Semo almeno cinquecento!
Tutti stretti, nun se respira, nun c’è aria, nun c’è spazio: semo cinquecento.
Voi direte: «No, saremo al massimo cinquanta!».
È che quanno se fa quarcosa, quarsiasi cosa, nun bisogna dillo a nessuno. Vivemo in un epoca dove quarsiasi cosa famo, subbito avvertimo tutti: tutti sanno ndo stamo, tutti sanno quello che stamo a fà e va finì che ogni persona che sa che quello che stamo a fà noi, se fa ‘n’idea de noi e crea ‘n’immagine, ‘n’immagine de noi, ‘n’immagine trasparente fatta de luce, ‘n’immagine che ce segue e va a finì che quanno stamo pe’ strada, non stamo più da soli: c’avemo ‘ntorno le immagini che la gente ha creato de noi, immagini silenziose che ce seguono come fantasmi, fantasmi che pare che ce somigliano, ma nessuno davero è come noi.
Semo contornati, non c’avemo scampo: voi l’immagini vostre che la gente c’ha de voi ve le siete portate qui stasera e mo stamo tutti stretti al caldo, e nun se respira.
E va a finì che ‘st’immagini nostre che se portamo dietro pijano l’iniziativa e se ne vanno in giro a nome nostro.
E va a finì che poi te dicono: «Aò, io ieri a te t’ho visto, stavi a via Cavour, stavi in bicicletta!».
«Ma io ieri sò stato tutto ‘r giorno a casa e nun c’ho manco la bicicletta!».
Insomma, se portamo dietro ‘st’esercito de stronzi, de fantsmi che ce somigliano, che vanno in giro a nome nostro e va a finì che pure noi se confonnemo. Magari a un certo punto se credemo che l’immagine è quella vera e che semo noi che semo fatti de luce, che semo un riflesso e che nun valemo niente e uno se porta tutti appresso: l’immagine che c’ha de te tu’ zia, er mejo amico tuo, er vicino de casa tuo, tu’ cugino, quello che nun ce vede da ‘n’occhio. Pure lui s’è fatto ‘n’idea de te e tu te la porti dietro, quanno esci de casa.
Ch’è ‘n giorno de lavoro lo capisci subito, appena metti un piede fori dar portone: te colpisce sul collo un venticello zozzo che s’alza pe’ via de tutta quella gente che va a lavorà contro voja e sò i movimenti svojati loro e delle macchinacce loro e dell’immagini loro, dei lavori che non vojono fà, che fanno arzà quer vento zozzo che te pija a schiaffi appena uscito de casa.
Io ho capito qual è ‘r momento che preferisco de tutta la settimana: è la domenica, all’ora de pranzo. Quanno metti piede fori casa la domenica all’ora de pranzo, l’aria è ferma, nun se move niente, stanno tutti a casa a magnà e tu esci che nun c’hai nessuno intorno. E lo capisci subito, perché c’è silenzio, a parte sulla strada de casa mia, che se sente ‘na sinfonia de forchette che pijano li piatti, che pare che nessuno è bono a magnà.
E in quel momento riesci a fa ‘na cosa che non se riesce a fà mai: a nun esiste, perché nessuno te pensa e tu nun pensi a nessuno, nun te porti appresso tutte quell’immagini che de solito c’hai ar seguito.
Perché ‘st’esercito de immagini che se portamo dietro rischia d’esse un plotone, che prima o poi ce fa l’esecuzione."

domenica 12 gennaio 2014

La "forma" globale


"Gentry era convinto che il ciberspazio avesse una Forma, una configurazione globale e totale. Non era certo l'idea più da picchiati che Slick avesse mai sentito, però Gentry era ossessionato dalla convinzione che la Forma avesse un'importanza capitale. La comprensione della Forma rappresentava il suo Graal. ”

William Gibson

«I problemi importanti sono sempre complessi e vanno affrontati globalmente. Se voglio comprendere la personalità di un individuo, non posso ridurla a pochi tratti schematici. Devo necessariamente tenere conto di molte sfumature, spesso contraddittorie. Lo stesso vale per la situazione del pianeta, per comprendere la quale si devono tener presenti molti parametri. Insomma, la realtà è complessa e piena di contraddizioni che sono una vera sfida alla conoscenza. Per affrontare tale complessità, non basta semplicemente giustapporre frammenti di saperi diversi. Occorre trovare il modo per farli interagire all’interno di una nuova prospettiva»

Edgar Morin

Sarebbe bello quanto impossibile poter vedere i nodi dall'alto, la "forma" dell'oceano che non ha una forma, come tracciare una cartina in volo su una città. È ovvio che nessuno di noi è fine a se stesso ma si è tutti parte di un sistema come un secchio pieno di palline, spingendone una si muovono tutte e le spinte interagiscono in maniera complessa, così è sempre stato in natura. Credo sia una sciocchezza vedere solo una causa-effetto lineare, unidirezionale. Con l'avanzare dei mezzi di comunicazione e l'idea di “prosumer” la complessità appare molto più evidente con una rete di influenze molto più attiva, più veloce e movimentata. Mi piace pensare che un giorno attraverso un nodo della rete che ci permette di vedere in numerosissime direzioni sia possibile scorgere da uno spiraglio almeno in parte il “vero volto” dello “spirito del tempo”.



Accompagno il post con un mio vecchio disegno colorato al pc...

venerdì 10 gennaio 2014

Perché Kali Yuga


Basta leggere la pagina su wikipedia http://it.wikipedia.org/wiki/Kali_Yuga a farmi gelare il sangue, e rimanere sconcertato dalle similitudini con l'epoca nella quale viviamo.
L'idea di un'epoca di tramonto non è certo una cosa nuova ma credo che le affinità con il “Kali Yuga” non siano mai state così marcate come in questo momento storico.
Accompagno il post con un disegno che ho fatto qualche anno fa raffigurante un tramonto su rovine.

martedì 7 gennaio 2014

l'io pelle o l'io 01101101 01100001 01110011 01100011 01101000 01100101 01110010 01100001


Trovo molto inquietanti i “personaggi” costruiti ed interpretati sulla rete, si sa che d'oggi le persone tendono a non trovare una dimensione equilibrata con se stessi. Basta farsi un giro sul SOCIAL NETWORK per vedere il proliferare di profili costruiti ad arte come tanti specchi di “superio” instabili se così si può dire. Mi chiedo se c'è il rischio per tutti questi individui dalla parte opposta del “riflesso” di finire per spersonalizzarsi. Un tempo il “personaggio” era qualcosa apannaggio delle star.

http://www.youtube.com/watch?v=lBRyWsH18KQ


lunedì 6 gennaio 2014

...un attacco d'arte


Per questo attacco d'arte prendete:

una bottiglia di vetro
della benzina
uno straccio
del polistirolo
del nastro isolante e delle forbici dalla punta arrotondata. Attenzione, è importante che le forbici abbiano una punta arrotondata.

Fatto?

Mettete alcuni pezzi di polistirolo nella bottiglia e successivamente versate della benzina all'interno.

Fatto?

Tagliate poi la parte dello straccio che dovrete utilizzare... in questo modo... usando le forbici dalla punta arrotondata. Imbevete lo straccio nella benzina e fissatelo sul collo della bottiglia con il nastro isolante in questo modo...



N.B.

Tutte le informazioni sono state prese da wikipedia http://it.wikipedia.org/wiki/Bomba_Molotov
scrivendo molotov su google è il primo risultato.

Poiché le bombe Molotov sono ordigni incendiari di notevole pericolosità, la loro produzione o detenzione è vietata. In Italia è considerata arma da guerra.

domenica 5 gennaio 2014

Breve racconto ritrovato nei meandri del pc



Con questo disegnetto accompagno un raccontino che scrissi svariati anni fa rinvenuto nel caos delle cartelle del mio pc. Un racconto ovviamente fantastico ispirato all'uso delle droghe nelle cerimonie sciamaniche per parlare con i morti. Oh chiarisco subito che io non faccio uso di niente e la storiella è frutto di pura fantasia...

Picchiettando sul lugubre ornamento con un omero malandato “Oh Davide, questo è meglio in camera tua, vicino al poster dei Marduk, che ci sta bene.” “Tutto Vattelapesca ci guarda male a gratis, figurate se tu dopo vai in giro a fa vedè la testa dello zio Tizio a tutti! Dopo i TUOI chi li sente.”, “Vero. Non c’ hanno manco tutti i torti i MIEI, guardatevi un po…” indicando i due amici “con chi vado girando! Eheh… e poi…eh” si interruppe Davide in una breve risata “Sto paese di merda è sempre pronto a prendersela con quattro metallari, anche se non fanno un cazzo di male, quindi sai che ti dico, io qualcosa di male la faccio e sono molto più contento!” seguì la risata di Francesco quindi voltandosi verso Antonio, il quale supino su di una pietra tombale era intento a formare cerchi di fumo bianco disse “Antò! O la passi sta canna, o ti fai un personale!”, “L’ho girata adesso, e ho fatto solo un paio di tiri.” Replicò in una cantilena annoiata poi protese lo spinello verso Francesco “Tè prendi”, Mettendosi seduto Antonio si guardò intorno, le sagome nere delle lapidi si stagliavano indistinte nel crepuscolo senza luna, mentre i capelli castani gli flagellavano il viso pallido per la carenza di sole nella gelida brezza notturna “Stiamo come Charles Dexter Ward! Di notte a trafugare i morti. Che figata!”, “Chiiii?” chiese Francesco intento a riporre il macabro bottino osseo nello zaino “Che non l’hai letto?! Lovecraft è la base!” , “No, base de che” rispose “Di Lovecraft ho letto solo quello ambientato in Antartide…”. “At the Mountains of Madness, Alle montagne della follia. Che campi a fare se non lo sai!” Concluse Davide prendendo lo spinello, e tenendolo tra le labbra marchiò il massiccio coperchio marmoreo dell’ossario tracciandovi un pentacolo con una bomboletta rossa, “Ma sti cazzi! Io sto sempre a fà gli impicci e non trovo mai il tempo per mettermi a leggere, no voi che vi fate le canne a scrocco tutto il giorno”disse Francesco. “Va bè, comunque Antò. Il più visionario, e quindi per me il più bel racconto di Lovecraft, è The Dreams in the Witch-House” Aggiunse Davide socchiudendo gli occhi per il fumo “Ti ripeto, sti Cazziiii!” intervenne Francesco.
“Che famo?” chiese Francesco alla guida mentre il vecchio stereo mezzo scassato intonava dalle casse anch’esse morenti “Left hand path” degli “Entombed”, s’erano fatte ormai le quattro del mattino ed era rimasta un’ultima canna, i vetri della panda 4X4 verde erano congelati riducendo al minimo indispensabile la visibilità, i finestrini abbassati per far si che i vetri si sbrinassero rivelavano il paesaggio notturno con i cipressi ormai lontani che si stendevano nella notte blu e cenere, Davide dormiva assiderandosi, Antonio invece stava attonito rimirando il camposanto mentre questo si confondeva all’orizzonte. “Ao! Cazzo che famo? Si va a nanna?!” Insistette spazientito Francesco, Antonio non rispose o non sentì mentre i suoi romantici sogni viaggiavano ancora tra lapidi e croci, Davide si destò momentaneamente dal dormiveglia “Abbiamo finito tutto?” chiese sonnolento “No m’è rimasto no spino” rispose Francesco “Allora facciamolo” Propose Davide e Francesco rispose “E tepare eheh è arrivato Zanardi, comunque me devi ancora dà i vent’euri che m’hai abbuffato… La fai tu ?”, “ No falla fa a Antonio” Propose Davide e Francesco ribadì “No falla tu che Antonio fa le buste” E Davide ridestandosi e sbuffando “Vabè dammi”. Antonio non ascoltava, rimaneva isolato nei suoi pensieri rapito dal paesaggio boschivo visibile attraverso i finestrini ora chiusi.
I tre gustarono l’ultimo spinello di ottimo nero, poi andarono a dormire.
Il giorno passò.
Da qualche ora ormai in casa di Antonio era stata consumata la cena. Antonio si sentiva un po’ malinconico, tanto per cambiare, quindi come era suo solito si ritirò in camera mise su un cd degli “Anathema” ed iniziò a disegnare i soliti angeli caduti. “Antonio! Al telefono!” La cornetta si insinuò nella porta socchiusa… “Chi è mamma?” la madre di Antonio rispose “Davide”. Antonio prese la cornetta senza fili e chiuse la porta…
“Oh ciao Davide”
“Bella Antò… ascolta mi ha chiamato Francesco che ha preso una cosa da provà”
“Quello che si diceva l’altra volta?”
“Si si ci si vede a casa mia verso le undici che i miei non ci stanno, te passa a prende Francesco”
“Ok a sta sera”
“Bella.”
“Bella.”.
Davide attendeva l’arrivo degli amici nella sua stanza alla luce debole di candele nere e rosse, lo stereo intonava sinistro “From Darkest Skies” dei “My Dying Bride” lo sguardo fisso sul teschio senza mandibola né denti, nelle orbite vuote, nere, abissali. Fuori era una sera piuttosto ventosa e buia, il primo spicchio falciforme di luna crescente era visibile tra le nubi notturne. Davide non riusciva a distogliere lo sguardo dalla lugubre testa di morto, mentre le fiamme danzanti ne proiettavano tremolanti la sagoma spettrale sulle pareti, risaltandone le ombre, le sporgenze degli zigomi, le cavità nerissime dei lobi temporali. Sembrava come fissare Davide con un odio freddo e profondo, in tono minaccioso per via dell’avvenuta profanazione, Davide però non provava rimorsi, anzi la circostanza lo eccitava, si sentiva come il dottor Frankestein. Le riflessioni furono interrotte dal campanello. Aprì la porta ai due amici.
“Ciao merde eheh” salutò in tono scherzoso “Andiamo subito in cucina che tocca cucinarla” disse Francesco con un sorriso ed estraendo dallo zaino una bottiglietta contenente ketamina liquida, trasparente come l’acqua “Bisogna pipparla?” chiese Antonio e Francesco rispose “Si, va cucinata”. I due si diressero in cucina mentre Davide andò a prendere lo stereo. Francesco intanto diede una canna ad Antonio “Falla in maniera decente è” poi prese una padella “Oh Davide! Io inizio a cucinare!” “Fai, fai pure!”, versò quindi il contenuto della bottiglietta nella padella ed accese il fornello a fiamma bassa. Davide tornò con lo stereo, Antonio era concentrato nel girare lo spinello, Francesco invece era in piedi davanti al fornello controllando la cristallizzazione. “Che cd metto?” Chiese Davide, Francesco rispose “Metti su i Testament” e Davide “Quale?”, “The Gathering ovvio”. Antonio finì di girarla e la accese, la cucina, con le finestre chiuse, iniziò presto ad annebbiarsi tra i bianchi fumi dell’hashish. Dopo un po’ Francesco avvisò gli amici “Prrrrontaaa!” raschiò quindi i cristalli depositati nella padella e né versò il contenuto in un piatto prontamente preso da Davide. “Allora ragazzi vi consiglio di regolarvi con le botte, cioè se vi prende a male io non voglio sapere un cazzo” disse Francesco “A me acchittamela tu” propose Antonio mentre Davide impaziente disse “Da qua” prese la scheda telefonica e si preparò sul tavolo una striscia di proporzioni spropositatamente dannose, fece un pippotto con dieci euro è tirò su………………….un attimo di anestesia fisica….seguì il buio.
Davide si ritrovò perso, la cucina si deformò come in un baratro di caos alla fine del quale brillava una luce, era tutto terribilmente confuso, un po’ come i racconti post coma di coloro che sostengono di essere arrivati ad un passo dalla morte. Affondò nella disperazione, una disperazione derivata dalla totale perdita dell’io ed un esplodere in tutte le direzioni di se, Davide non sentiva più di avere un corpo fisico si sentiva come un cristallo sfaccettato e scomposto parte di tutto e di nulla, orrore nella totale perdita dell’identità, un’entità persa nell’etere una sorta di “Yog-Sothoth” ma inutile e impotente come disperso nel vento. Successe quindi qualcosa di ancora più inquietante, qualcosa di sbagliato che non sarebbe dovuto succedere un imprevisto assurdo e terribile, si alzò una voce o un pensiero nella testa di Davide o meglio nel vuoto siderale, un pensiero non suo, una voce non sua rimbombando nello spazio “RIDAMMI LA TESTA O PRENDO LA TUA!”.