domenica 5 gennaio 2014

Breve racconto ritrovato nei meandri del pc



Con questo disegnetto accompagno un raccontino che scrissi svariati anni fa rinvenuto nel caos delle cartelle del mio pc. Un racconto ovviamente fantastico ispirato all'uso delle droghe nelle cerimonie sciamaniche per parlare con i morti. Oh chiarisco subito che io non faccio uso di niente e la storiella è frutto di pura fantasia...

Picchiettando sul lugubre ornamento con un omero malandato “Oh Davide, questo è meglio in camera tua, vicino al poster dei Marduk, che ci sta bene.” “Tutto Vattelapesca ci guarda male a gratis, figurate se tu dopo vai in giro a fa vedè la testa dello zio Tizio a tutti! Dopo i TUOI chi li sente.”, “Vero. Non c’ hanno manco tutti i torti i MIEI, guardatevi un po…” indicando i due amici “con chi vado girando! Eheh… e poi…eh” si interruppe Davide in una breve risata “Sto paese di merda è sempre pronto a prendersela con quattro metallari, anche se non fanno un cazzo di male, quindi sai che ti dico, io qualcosa di male la faccio e sono molto più contento!” seguì la risata di Francesco quindi voltandosi verso Antonio, il quale supino su di una pietra tombale era intento a formare cerchi di fumo bianco disse “Antò! O la passi sta canna, o ti fai un personale!”, “L’ho girata adesso, e ho fatto solo un paio di tiri.” Replicò in una cantilena annoiata poi protese lo spinello verso Francesco “Tè prendi”, Mettendosi seduto Antonio si guardò intorno, le sagome nere delle lapidi si stagliavano indistinte nel crepuscolo senza luna, mentre i capelli castani gli flagellavano il viso pallido per la carenza di sole nella gelida brezza notturna “Stiamo come Charles Dexter Ward! Di notte a trafugare i morti. Che figata!”, “Chiiii?” chiese Francesco intento a riporre il macabro bottino osseo nello zaino “Che non l’hai letto?! Lovecraft è la base!” , “No, base de che” rispose “Di Lovecraft ho letto solo quello ambientato in Antartide…”. “At the Mountains of Madness, Alle montagne della follia. Che campi a fare se non lo sai!” Concluse Davide prendendo lo spinello, e tenendolo tra le labbra marchiò il massiccio coperchio marmoreo dell’ossario tracciandovi un pentacolo con una bomboletta rossa, “Ma sti cazzi! Io sto sempre a fà gli impicci e non trovo mai il tempo per mettermi a leggere, no voi che vi fate le canne a scrocco tutto il giorno”disse Francesco. “Va bè, comunque Antò. Il più visionario, e quindi per me il più bel racconto di Lovecraft, è The Dreams in the Witch-House” Aggiunse Davide socchiudendo gli occhi per il fumo “Ti ripeto, sti Cazziiii!” intervenne Francesco.
“Che famo?” chiese Francesco alla guida mentre il vecchio stereo mezzo scassato intonava dalle casse anch’esse morenti “Left hand path” degli “Entombed”, s’erano fatte ormai le quattro del mattino ed era rimasta un’ultima canna, i vetri della panda 4X4 verde erano congelati riducendo al minimo indispensabile la visibilità, i finestrini abbassati per far si che i vetri si sbrinassero rivelavano il paesaggio notturno con i cipressi ormai lontani che si stendevano nella notte blu e cenere, Davide dormiva assiderandosi, Antonio invece stava attonito rimirando il camposanto mentre questo si confondeva all’orizzonte. “Ao! Cazzo che famo? Si va a nanna?!” Insistette spazientito Francesco, Antonio non rispose o non sentì mentre i suoi romantici sogni viaggiavano ancora tra lapidi e croci, Davide si destò momentaneamente dal dormiveglia “Abbiamo finito tutto?” chiese sonnolento “No m’è rimasto no spino” rispose Francesco “Allora facciamolo” Propose Davide e Francesco rispose “E tepare eheh è arrivato Zanardi, comunque me devi ancora dà i vent’euri che m’hai abbuffato… La fai tu ?”, “ No falla fa a Antonio” Propose Davide e Francesco ribadì “No falla tu che Antonio fa le buste” E Davide ridestandosi e sbuffando “Vabè dammi”. Antonio non ascoltava, rimaneva isolato nei suoi pensieri rapito dal paesaggio boschivo visibile attraverso i finestrini ora chiusi.
I tre gustarono l’ultimo spinello di ottimo nero, poi andarono a dormire.
Il giorno passò.
Da qualche ora ormai in casa di Antonio era stata consumata la cena. Antonio si sentiva un po’ malinconico, tanto per cambiare, quindi come era suo solito si ritirò in camera mise su un cd degli “Anathema” ed iniziò a disegnare i soliti angeli caduti. “Antonio! Al telefono!” La cornetta si insinuò nella porta socchiusa… “Chi è mamma?” la madre di Antonio rispose “Davide”. Antonio prese la cornetta senza fili e chiuse la porta…
“Oh ciao Davide”
“Bella Antò… ascolta mi ha chiamato Francesco che ha preso una cosa da provà”
“Quello che si diceva l’altra volta?”
“Si si ci si vede a casa mia verso le undici che i miei non ci stanno, te passa a prende Francesco”
“Ok a sta sera”
“Bella.”
“Bella.”.
Davide attendeva l’arrivo degli amici nella sua stanza alla luce debole di candele nere e rosse, lo stereo intonava sinistro “From Darkest Skies” dei “My Dying Bride” lo sguardo fisso sul teschio senza mandibola né denti, nelle orbite vuote, nere, abissali. Fuori era una sera piuttosto ventosa e buia, il primo spicchio falciforme di luna crescente era visibile tra le nubi notturne. Davide non riusciva a distogliere lo sguardo dalla lugubre testa di morto, mentre le fiamme danzanti ne proiettavano tremolanti la sagoma spettrale sulle pareti, risaltandone le ombre, le sporgenze degli zigomi, le cavità nerissime dei lobi temporali. Sembrava come fissare Davide con un odio freddo e profondo, in tono minaccioso per via dell’avvenuta profanazione, Davide però non provava rimorsi, anzi la circostanza lo eccitava, si sentiva come il dottor Frankestein. Le riflessioni furono interrotte dal campanello. Aprì la porta ai due amici.
“Ciao merde eheh” salutò in tono scherzoso “Andiamo subito in cucina che tocca cucinarla” disse Francesco con un sorriso ed estraendo dallo zaino una bottiglietta contenente ketamina liquida, trasparente come l’acqua “Bisogna pipparla?” chiese Antonio e Francesco rispose “Si, va cucinata”. I due si diressero in cucina mentre Davide andò a prendere lo stereo. Francesco intanto diede una canna ad Antonio “Falla in maniera decente è” poi prese una padella “Oh Davide! Io inizio a cucinare!” “Fai, fai pure!”, versò quindi il contenuto della bottiglietta nella padella ed accese il fornello a fiamma bassa. Davide tornò con lo stereo, Antonio era concentrato nel girare lo spinello, Francesco invece era in piedi davanti al fornello controllando la cristallizzazione. “Che cd metto?” Chiese Davide, Francesco rispose “Metti su i Testament” e Davide “Quale?”, “The Gathering ovvio”. Antonio finì di girarla e la accese, la cucina, con le finestre chiuse, iniziò presto ad annebbiarsi tra i bianchi fumi dell’hashish. Dopo un po’ Francesco avvisò gli amici “Prrrrontaaa!” raschiò quindi i cristalli depositati nella padella e né versò il contenuto in un piatto prontamente preso da Davide. “Allora ragazzi vi consiglio di regolarvi con le botte, cioè se vi prende a male io non voglio sapere un cazzo” disse Francesco “A me acchittamela tu” propose Antonio mentre Davide impaziente disse “Da qua” prese la scheda telefonica e si preparò sul tavolo una striscia di proporzioni spropositatamente dannose, fece un pippotto con dieci euro è tirò su………………….un attimo di anestesia fisica….seguì il buio.
Davide si ritrovò perso, la cucina si deformò come in un baratro di caos alla fine del quale brillava una luce, era tutto terribilmente confuso, un po’ come i racconti post coma di coloro che sostengono di essere arrivati ad un passo dalla morte. Affondò nella disperazione, una disperazione derivata dalla totale perdita dell’io ed un esplodere in tutte le direzioni di se, Davide non sentiva più di avere un corpo fisico si sentiva come un cristallo sfaccettato e scomposto parte di tutto e di nulla, orrore nella totale perdita dell’identità, un’entità persa nell’etere una sorta di “Yog-Sothoth” ma inutile e impotente come disperso nel vento. Successe quindi qualcosa di ancora più inquietante, qualcosa di sbagliato che non sarebbe dovuto succedere un imprevisto assurdo e terribile, si alzò una voce o un pensiero nella testa di Davide o meglio nel vuoto siderale, un pensiero non suo, una voce non sua rimbombando nello spazio “RIDAMMI LA TESTA O PRENDO LA TUA!”.

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